Brescia Museo Diocesano

3 - 27 ottobre 2015

Atti del Convegno

Padre Maurizio Malvestiti astronomo

Giovanni Caprara1

Per padre Maurizio Malvestiti l’astronomia è stata un capitolo importante della vita ma non certo l’unico. Il suo eclettismo culturale lo portava in molte direzioni cercando di approfondire dall’archeologia ai principi dell’omeopatia. Ma di certo l’osservazione delle stelle inseguiva un sogno che univa conoscenza personale ed esplorazione di mondi mai indagati, sino alla possibile generazione di un catalogo di stelle per documentare un prezioso lavoro.
A facilitare l’affascinante prospettiva era il sodalizio con Luciano Bonaparte, il contrastato fratello dell’imperatore, e soprattutto la permanenza in Inghilterra tra il 1810 e il 1814 dove entrambi erano stati portati come prigionieri. Si trattava di una blanda prigionia che consentiva loro una notevole libertà d’azione. Infatti nel parco della villa di Thorngrove, nel Worcestershire, dove il Principe abitava con la famiglia, costruivano un osservatorio per dedicarsi alla scienza del cielo.
Un peso rilevante nel perseguire questo interesse era l’incontro con l’astronomo William Herschel, “Astronomo del Re”. Herschel era famoso per due motivi. Il primo, perché aveva scoperto nel 1781 il pianeta Urano e successivamente un notevole numero di lune: Titania e Oberon, satelliti di Urano e Mimante e Encelado, satelliti di Saturno. Il secondo motivo era legato alla straordinaria capacità di fabbricante di telescopi. Re Giorgio gli aveva garantito una somma di duemila sterline per la realizzazione di un grande telescopio riflettore con uno specchio primario del diametro di oltre un metro, una misura eccezionale e una sfida tecnologica. Ma l’astronomo britannico era geniale su questo fronte e diventava famoso proprio per la costruzione dei più potenti telescopi dell’epoca.
Nella primavera del 1814, il Principe sotto le mentite spoglie di Cavaliere di Musignano, assieme a padre Malvestiti, fa visita a Herschel nella residenza di Slough con l’intento di informarsi per l’acquisto di un telescopio da 20 piedi. La prigionia stava per concludersi e Luciano Bonaparte pensava di installarlo al ritorno nella sua villa Rufinella di Frascati.
Successivamente, Bonaparte rivela in una lettera la sua vera identità all’astronomo britannico il quale risponde dispiaciuto perché se avesse saputo – dice – chi aveva davanti, sarebbe stato più prodigo nell’accoglienza e intanto, da buon venditore e per venire incontro anche all’urgenza della richiesta, gli proponeva l’acquisto di uno strumento già disponibile: “Il telescopio da 10 piedi è del tipo Newton – precisava nello scritto – ed è costantemente tenuto all’aperto e pronto per l’osservazione. Questo è quello di cui dispongo attualmente. La soluzione migliore sarebbe di prendere l’intero strumento così come è. Le rifiniture in legno ed anche il cilindro potrebbero facilmente essere adattate là dove deve essere eretto, con alcuni miglioramenti, ed il lavoro presente servirebbe come campione per farne uno nuovo. Il prezzo si aggirerebbe dalle 1200 alle 1500 ghinee a seconda di quanto altro venisse richiesto con esso”.
Il 5 agosto Luciano Bonaparte risponde accettando l’offerta disponendo una lettera di credito di 2200 ghinee presso la Barings Bank di Londra. Vari, in realtà, furono gli strumenti acquistati presso l’astronomo inglese, come padre Maurizio preciserà nel dicembre 1849 in una corrispondenza con la principessa Alessandrina, vedova del Principe. Il primo era in effetti il telescopio da 10 piedi di lunghezza e 18 pollici di diametro con cui Herschel aveva scoperto Urano. Questo aveva due specchi metallici con il maggiore a curvatura parabolica invece che sferica conferendogli una potenza di penetrazione superiore a quelli di Newton. Inizialmente veniva sistemato a Roma su una grande terrazza, poi a Viterbo e infine a Senigallia nella casa di campagna sulla collina del Cavallo. A questo seguiva un altro telescopio più piccolo di 7 piedi e infine arrivava quello da 22 piedi di lunghezza, di cui inviava solo il grande specchio e gli oculari. Con questo il Principe osservava 600 stelle sullo zenit di Senigallia “perfettamente assistito dal mio collaboratore ed amico il molto Rev.do padre Maurizio da Brescia”, scrive nel suo libro “Museum Etrusque”.
Il Principe e padre Malvestiti iniziavano allora il loro progetto di osservazione “Cielo zenitale di Senigalia” con uno specchio di 20 piedi fornito da Herschel. La testimonianza è dello stesso padre Maurizio: “Tutti gli strumenti astronomici del Principe erano ben montati e correttamente posizionati, eccetto l’ultimo, un telescopio di 20 piedi di cui avevamo solo il grande specchio e gli oculari. Avremmo potuto ordinare i montanti, ma dove sistemare questa grande macchina? Il desiderio in un modo qualsiasi la forza penetrante di questo telescopio ci fece poggiare in piano lo specchio in un angolo dell’osservatorio quasi a pianterreno, e forando il soffitto e il tetto applicammo un tubo di venti piedi verticale fisso, che partendo dallo specchio saliva fino a un secondo piano; sistemando poi sul bordo del tubo l’oculare, potemmo osservare, come in un pozzo, le stelle che passavano allo zenit. Il piacere di vedere un numero prodigioso di stelle scorrere senza interruzione successivamente attraverso il filo verticale fu la nostra ricompensa”.
“È così – aggiungeva il padre – che noi abbiamo potuto osservare più di mille stelle in una zona di un mezzo grado di larghezza in sei ore di tempo … stelle di una tale piccolezza che si può ben dire che non esistono in alcun catalogo, per la semplice ragione che nessun catalogo è stato tracciato con uno strumento di tale portata”. E con una prosa letteraria e piena di emozione per la scoperta del cielo padre Maurizio ci lascia la cronaca delle sue indagini condotte assieme al Principe.
Ma il possente lavoro non porterà mai alla redazione di un catalogo di astri, come si poteva intendere dal progetto influenzato sempre dal clima astronomico respirato in Gran Bretagna. Qui John Flamsteed, aveva proposto e posato la prima pietra dell’osservatorio di Greenwich diventandone il primo direttore, ed era stato il compilatore di un sistema di catalogazione rimasto in uso per diverso tempo.
“Tutti questi lavori (di osservazione, n.d.r.) – scriveva padre Maurizio – non sono stati che semplici analisi degli studi preliminari. Le osservazioni compiute dovevano iniziare nella bella stagione nel 1829 e concludersi nel 1830 per essere verificate nel 1831. Tutte le osservazioni devono essere ordinate con tutte le regole e pubblicate con l’adattamento al 1830. Così penso che sarebbe contrario alle intenzioni del Principe – precisa – pubblicare delle analisi incomplete che egli stesso aveva abbandonato da dodici anni, quando la morte ce l’ha portato via”.
Intanto nel 1828 un’altra passione diventava prevalente del Principe Luciano. Allora si scopriva, quasi per caso, una grotta sotterranea nel piano di Cavalupo, poco lontano dal monte Cuccumella, nella quale si trovarono dei vasi etruschi. Il ritrovamento accese un nuovo interesse condiviso sempre da entrambi e l’astronomia venne irrimediabilmente sostituita dall’archeologia. Con un certo rammarico di padre Maurizio, come si può constatare leggendo la corrispondenza con Alessandrina dopo la scomparsa del Principe.


Note:

1.   Editorialista scientifico del “Corriere della Sera”. È autore di numerose pubblicazioni sulla storia della scienza e dell’esplorazione spaziale, tra cui Era spaziale; L’avventura della scienza: sfide, invenzioni e scoperte nelle pagine del “Corriere della Sera“; Lo spazio, il quarto ambiente; L’Italia sullo Shuttle. Per Bompiani ha pubblicato Breve storia delle grandi scoperte scientifiche e Storia italiana dello spazio. Nel 2000 ha ricevuto il premio ConScientia come giornalista scientifico dell’anno, premio assegnato congiuntamente dalle università milanesi, e nel 2010 l’European Science Writers Award della Euroscience Foundation. Dal 2011 è presidente dell'UGIS, Unione Giornalisti Italiani Scientifici. Un asteroide in orbita tra Marte e Giove porta il suo nome.
maggio 2016
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