Brescia Museo Diocesano

3 - 27 ottobre 2015

Atti del Convegno

Notizie, considerazioni e scoperte su padre Maurizio da Brescia come botanico

Annalisa Managlia1 e Alessandro Alessandrini2

Non era finora noto che padre Maurizio coltivasse interesse anche per lo studio della flora. Nel contributo che segue verranno illustrate le evidenze obiettive che documentano la sua attività come botanico. Se le scoperte che verranno qui illustrate sono state possibili è grazie a una serie di coincidenze che hanno fatto incontrare le persone giuste nel modo giusto. Tutto ha preso origine dal contatto tra uno degli autori (AA) e Roberto Lanzi; l’incontro si è poi arricchito con la partecipazione di un altro autore (AM); se ciò non fosse avvenuto, un aspetto significativo dell’attività di padre Maurizio sarebbe rimasto per sempre nell’ombra.

Antonio Bertoloni e la sua Flora Italica

Per collocare nel contesto storico i documenti che saranno illustrati, è utile fornire alcune informazioni generali. Nel corso di molti anni del XIX sec., e precisamente dal 1833 al 1854, ha visto la luce un’opera che, presentata in 10 volumi, costituisce il primo catalogo generale e completo delle specie vegetali note per l’Italia (il titolo completo recita: “Flora italica sistens plantas in Italia et in insulis circumstantibus sponte nascentes”). Autore di questa opera, che tratta dell’Italia quando essa era ancora divisa in stati e staterelli, è Antonio Bertoloni, professore all’Università di Bologna. La Flora Italica (Bertoloni, 1833-1854), è stata poi completata con la pubblicazione della Flora Italica Cryptogama (Bertoloni, 1858-1862), dedicata agli organismi vegetali che non producono fiori, come felci, muschi, alghe. Vanno rammentati anche altri contributi monografici che completano il quadro delle conoscenze; l’insieme delle opere di questo grande autore fornisce un’immagine del “giardino d’Europa” di grande interesse anche attuale.
La mole e la ricchezza di contenuti di questa Flora esercitano anche un fascino innegabile, che nasce tra l’altro dall’uso del latino, dal vedervi elencati i nomi degli illustri botanici dell’epoca, dall’elenco delle località di rinvenimento delle piante.
Per meglio comprendere il valore e la lungimiranza di quest’opera, può essere utile rammentare che fino a quel momento erano disponibili numerose Flore che trattavano ambiti geografici più o meno ampi, che avevano come riferimento i territori politico-geografici dell’Italia pre-unitaria. Possono essere citate a titolo d’esempio la Flora Napolitana di Michele Tenore (Tenore, 1811-1838), quella del Piemonte (Allioni, 1857), la Flora Comense (Comolli, 1834-1857), della Sicilia (Gussone, 1827-1828), del Veneto (Naccari, 1826-1828), la Flora Ticinensis (ovvero del Pavese, Nocca & Balbis, 1816). Alcune flore trattavano poi luoghi di grande importanza per la flora italiana come il Monte Baldo (Pollini, 1816).
Bertoloni adotta pienamente la sistematica ideata da Carl Linnaeus o Carl von Linné, grande naturalista svedese noto in Italia come Carlo Linneo; senza entrare in troppi dettagli, può essere comunque accennato il fatto che questa impostazione era in via di profonda riconsiderazione già al tempo in cui venivano man mano pubblicati i volumi della Flora Italica.
Resta però fuori discussione che Flora Italica costituisce il primo catalogo della diversità floristica del territorio italiano3 ed è il punto di partenza col quale studiosi ed esploratori successivi si sono confrontati e continuano a confrontarsi.
Ciascuna specie vegetale, che a volte viene divisa in “varietà” indicate con lettere greche, è trattata secondo una struttura fissa, secondo le modalità di altre opere simili dell’epoca.
Al nome della specie4 segue una breve frase diagnostica che ne descrive i caratteri salienti; segue la lista degli altri autori e delle opere che trattano la specie, con indicazione della collocazione bibliografica. Se al binomio sono da riferire anche altre denominazioni, i “sinonimi”, queste vengono elencate con le rispettive collocazioni bibliografiche.
Sono eventualmente elencate anche altre denominazioni di autori prelinneani, soprattutto dalla fine del XV secolo fino al 1753, data di pubblicazione di Species Plantarum. In questa parte, che a sua volta meriterebbe un’analisi approfondita, trovano luogo i grandi classici come Mattioli, Cesalpino, Seguier, Anguillara, Bauhin, Cupani, Colonna; solo per citarne alcuni.
La sezione che stabilisce i legami nomenclaturali (e quindi anche sistematici) tra la specie trattata e altre fonti, non solo dà conto della profonda erudizione del Bertoloni, ma fornisce anche un’informazione su quali fossero le opere disponibili a quel tempo, relative soprattutto a Flore di altri Paesi o di territori dell’area italiana e su come i diversi autori considerassero quella specie. Va tuttavia precisato che questo modo di trattare l’argomento costituisce uno standard, tanto che uno stile simile si trova un po’ in tutte le opere precedenti o coeve di altri autori, sia extra-italiani che italiani.
La trattazione prosegue con la parte relativa alla distribuzione geografica della specie in Italia, che consiste nell’elenco delle località note, con l’indicazione di coloro che hanno inviato i dati. Come si vedrà, è proprio dall’esame di questa parte della Flora che è stato individuato padre Maurizio. Seguono infine altre parti, che in questa sede non interessano.
Flora Italica costituisce quindi un enorme patrimonio di dati e informazioni di diversa natura; risulta particolarmente importante anche come fonte per stimare quali fossero le conoscenze sulla distribuzione geografica delle specie trattate.5
Vale la pena di descrivere le modalità con cui Bertoloni illustra l’elenco delle località; anche in questa parte viene seguito uno schema che si ripete per ogni specie. Se la specie è stata rinvenuta dallo stesso Bertoloni o dal figlio Giuseppe, i rinvenimenti vengono elencati per primi. Nel tal caso la frase inizia con “Legi”, cioè “Ho raccolto” oppure con “Filus attulit” nel caso in cui la specie sia stata raccolta e conferita dal figlio. Se invece i dati provengono da altri la frase ha inizio con “Habui” ovvero “Ho ricevuto”. Le località di rinvenimento e i relativi autori vengono elencati seguendo all’incirca un ordine geografico da Nord a Sud.
La frase è ovviamente più o meno lunga a seconda del numero dei rinvenimenti; nel caso di specie estremamente localizzate può essere ridotta a un solo dato; diviene invece molto lunga e articolata se si tratta di specie molto diffusa.6
Già dall’uso dei verbi “Legi”, “Attulit” e “Habui” si intuisce che l’elenco si riferisce non ad informazioni generiche, ma ad oggetti concreti che nello specifico consistono in campioni essiccati. Ogni segnalazione è infatti documentata dal relativo campione, montato su adeguato supporto cartaceo e corredato dai dati essenziali. L’insieme dei campioni andò a formare l’erbario Hortus Siccus Florae Italicae, ovvero la raccolta ordinata e completa della documentazione obiettiva e verificabile di quanto pubblicato nella Flora. Tra informazioni pubblicate e campioni d’erbario esiste un nesso biunivoco, ovvero a ogni informazione corrisponde almeno un campione; risulta vero anche il contrario: se non sono presenti campioni nell’Erbario Bertoloni, la specie o il dato non vengono trattati.7
Questa collezione è conservata nella sede dell’Orto Botanico ed Erbario dell’Università di Bologna ed è consultabile per le diverse necessità derivanti dalla ricerca scientifica. Sull’argomento può essere utilmente consultato il contributo di Mossetti & Cristofolini (1992)8.
La parte relativa all’elenco dei rinvenimenti effettuati da o comunicati a Bertoloni è stata oggetto di un’analisi approfondita da parte di uno di noi (Alessandrini, 2007a), che ha archiviato in un database tutte le segnalazioni pubblicate nella Flora Italica.
Il lavoro è consistito dapprima nella repertoriazione di tutte le entità sistematiche trattate, che ammontano a 4254 specie e a 623 varietà. A ciascuna è stato associato l’insieme dei rinvenimenti, rispettando la struttura della frase così come pubblicata. In pratica si è trattato di una trascrizione normalizzata, costituendo un record per ciascun frammento della frase costituito da una o più località riferite a un corrispondente.
Utilizzando questo criterio, è stata implementata una tabella di oltre 35000 record, un numero cospicuo, che immediatamente trasmette il senso che Flora Italica è un’opera non solo importante, ma risultato di un lavoro enorme di osservazione critica, redazione, relazione con i diversi corrispondenti.
Poiché in ciascun record poteva essere citato più di un corrispondente, è stata strutturata una ulteriore tabella nella quale a ciascun record vengono associati tutti i corrispondenti collegati.
Ciò che interessa sottolineare, aldilà degli aspetti tecnici che hanno ispirato la costruzione di questa parte del database, è che, grazie a questa analisi, è stato possibile individuare tutti i corrispondenti di Bertoloni, ovvero tutte le persone singole che – aldilà della loro collocazione professionale o accademica – hanno collaborato concretamente alla costruzione della Flora e del relativo erbario.
Poiché nella Flora non è pubblicato un elenco dei collaboratori, per la prima volta è stato possibile individuarli e quantificarli in oltre 240!9
Naturalmente non tutti hanno contribuito nello stesso modo per quantità e qualità; tuttavia emerge l’esistenza – proprio come avviene anche oggi – di una rete di relazioni molto attiva e qualificata, i cui nodi principali erano costituiti dai massimi esperti dell’epoca; ma non va sottovalutata l’importanza di nodi minori, a volte attivi solo in una o poche località di una certa regione; contribuiscono a questa rete anche nomi finora del tutto sconosciuti.10 In alcuni casi è stato possibile individuarli come allievi di Bertoloni; tra questi vanno ricordati almeno Émile Masquillier, fiammingo, cui lo stesso Bertoloni dedicò Ononis masquillierii (Alessandrini, 2007b) e Pietro Bubani, personaggio pittoresco e autore della prima Flora dei Pirenei.11
La distribuzione geografica dei collaboratori e delle segnalazioni è pure piuttosto interessante; già da allora infatti erano preponderanti le regioni del Nord e Centro-Italia, mentre il Sud, per quanto rappresentato da studiosi di grande valore, forniva un contributo quantitativamente molto inferiore.

Padre Maurizio da Brescia

Tra i collaboratori per i quali sono immediatamente emerse due qualità, cioè la frequenza dei riferimenti e la mancanza di qualsiasi altro dato biografico noto era proprio padre Maurizio che dal Bertoloni viene indicato spesso come “Rev. Fratre Mauritius de Brixia” ovvero, nelle frasi con cui vengono presentati gli invii “Habui … a Rev. Fratre Mauritio de Brixia”. Unica eccezione, e forse interpretabile come refuso, è un invio12 in cui il Nostro viene indicato come “Rev. Murithio” e che quindi in un primo tempo era stato ipotizzato trattarsi di altro, per il resto ignoto, corrispondente.
Come dato generale preliminare, va precisato che a padre Maurizio sono riferibili, direttamente o indirettamente, oltre 250 dati.
Lasciamo sullo sfondo un altro argomento, che tuttavia è strettamente legato a padre Maurizio, ovvero i campioni attribuiti al “Principe di Canino” Luciano Bonaparte e ai suoi familiari. Nella Flora si tratta di 16 riferimenti, mentre in base ai controlli effettuati sui campioni si tratterebbe di 32 campioni, raccolti soprattutto dalla moglie di Luciano, Alexandrine de Bleschamp, ma anche dal figlio Carlo (Carolus) e da Charlotte (Carlotta). Questa lieve discrepanza non diminuisce il valore del contributo di frate Maurizio.
Se confrontato con quello di altri collaboratori di Bertoloni, il contributo in termini quantitativi di padre Maurizio non emerge in modo eclatante; si colloca tuttavia in una fascia intermedia, come risultato di un lavoro che ha richiesto – come si vedrà – un significativo impegno di intelligenza e di tempo. L’esame dei criteri di selezione delle piante rivela una notevole diversificazione in termini sistematici, ma non di completezza; in altri termini, non emerge la volontà di rappresentare in modo completo il patrimonio floristico di una certa area.
Da parte di uno di noi (AA) venne quindi attivata un’indagine per cercare maggiori informazioni su questo corrispondente. Dopo un primo tentativo senza risultati, a distanza di alcuni mesi la situazione è cambiata in modo positivo poiché nel frattempo era stato attivato il sito https://www.padremauriziodabrescia.it/, amministrato da Roberto Lanzi, il quale rispose manifestando un serio e concreto interesse per sviluppare la collaborazione.
Poiché lo stesso Roberto Lanzi proponeva di prendere parte alle celebrazioni del 150° anniversario della morte di padre Maurizio, si rese indispensabile il confronto tra i dati nella loro forma letteraria e quanto risultava dall’esame dei campioni conservati nell’erbario bolognese.
Quindi da parte della Curatrice dell’Erbario (AM) venne dato avvio all’esame dei campioni, partendo dai dati selezionati dal database di cui si è parlato.
Va precisato che la selezione dei dati di partenza è avvenuta “per eccesso”, comprendendo cioè non solo quelli che in base alla Flora erano attribuiti a padre Maurizio, ma anche quelli legati a Luciano Bonaparte o ai suoi familiari; questa scelta si è rivelata corretta, perché ha permesso di individuare alcune discrepanze tra la trattazione nella Flora e quanto effettivamente risulta dalle etichette dei campioni d’erbario; ha permesso inoltre di avanzare ipotesi sul modo di lavorare di Bertoloni nella redazione della Flora Italica.
Una volta selezionato l’insieme dei dati di partenza, si è passati all’analisi dell’erbario, cioè della documentazione obiettiva dei rinvenimenti. Sono perciò stati rintracciati i campioni relativi alle citazioni nella Flora e sono state trascritte le etichette di accompagnamento. Contestualmente, un buon numero di campioni è stato digitalizzato, acquisendo immagini ad alta definizione con l’HerbScan, apparecchio che consente di ottenere scansioni dei fogli di erbario. Il lavoro svolto presenta anche un valore metodologico, che in futuro sarà esteso anche al resto della collezione Bertoloni e che ne consentirà la condivisione on-line nel sito dell’Orto Botanico. Per ciascuna segnalazione presentata nella Flora e identificata con un codice univoco, è stato rintracciato il corrispondente foglio dell’erbario. Grazie alla trascrizione delle etichette, è stato possibile il confronto con ciò che compare nella Flora e quindi l’individuazione di eventuale differenze e discrepanze.
Questo lavoro ha preso per ora la forma di una tabella di foglio elettronico; la coerenza tra le due basi informative è assicurata dall’identificativo univoco della segnalazione. I dati che compongono la tabella, limitatamente a quelli riconducibili a padre Maurizio, a Luciano Bonaparte e familiari, sono 263.
Un primo risultato del confronto consiste nella quantificazione delle mancanze di campioni rispetto ai dati da letteratura; va precisato che, già sulla base della ricognizione effettuata da Mossetti & Cristofolini (op. cit.) era stata accertata la perdita di alcune parti dell’erbario; nel caso in esame, i campioni non rinvenuti ammontano a quasi 40,13 corrispondenti a poco più del 10% dei dati registrati. Considerate le traversie che l’erbario della Flora Italica ha subito tra cui lunghi periodi di abbandono e il passaggio da Bologna del secondo conflitto mondiale, le mancanze riscontrate sono tutto sommato non eccessivamente gravi.
Ma un altro dato molto importante deriva da questo esame; infatti nella Flora non risulta alcuna informazione di natura temporale, mentre nelle etichette è presente un anno, permettendo in questo modo di collocare i dati nel tempo. Le date sono comprese tra gli anni 1824 e 1828, con due punte molto significative nel 1824 con 133 campioni e nel 1826 con 51. Negli anni successivi risultano pochi altri campioni che tuttavia non vedono padre Maurizio come autore, essendo di Carlo (dall’Eremo di Camaldoli nel Casentino) o di Carlotta (ex balneis di Montecatini). L’anno indicato nell’etichetta, annotato dal Bertoloni, è probabilmente riferibile alla ricezione del campione, non si trovano sui cartellini indicazioni di date trascritte dal raccoglitore.
Esaminando le provenienze geografiche, va sottolineato che esiste una forte relazione tra anno e provenienza. I campioni del 1824 sono infatti tutti provenienti da Canino (le dizioni nella Flora spesso assumono la forma “… ex districtu (oppure ex agro) Viterbiensi a Canino” o simili.
I campioni datati 1826 provengono soprattutto dalle Marche,14 sotto diverse indicazioni che sono riconducibili all’Urbinate (ex agro Urbinati, senza ulteriori specificazioni di località: 17 occorrenze) e al Piceno (qui soprattutto da Sant’Elpidio,15 località che si trova nelle colline marchigiane, attualmente in Provincia di Fermo: 50 occorrenze).
Molto probabile che padre Maurizio approfittasse delle permanenze dei Bonaparte a Senigallia, dove erano soliti trascorrere dei periodi di villeggiatura, per recarsi in visita nelle località relativamente vicine di Sant’Elpidio o Urbino; tantopiù che in quelle città erano e sono presenti conventi francescani (rispettivamente S. Francesco dei Conventuali e Convento di San Francesco).
Indipendentemente dall’anno di effettiva raccolta, che risulta impossibile da stabilire, padre Maurizio ha effettuato i due invii selezionando i campioni in base alle località.
L’analisi del contenuto delle etichette può rivelarsi di grande utilità perché possono essere rintracciati dati secondari che non risultano pubblicati nella Flora. A titolo d’esempio si riporta l’etichetta relativa al campione della ben nota Malva sylvestris, nella quale si trova la seguente dizione: “Lecta ad S. Elpidium prope Sennogalliam. Misit Frater Mauritius de Brixia institutor filiorum. D.ni Principis Luciani. 1826”. L’etichetta qui riportata adombra la possibilità che quanto risulta inviato da Sant’Elpidio possa provenire almeno in parte da Senigallia; è tuttavia da sottolineare che le due località – nonostante nell’etichetta si dica “ad S. Elpidium prope Sennogalliam” – tra loro distino più di 80 km. Ma il dato più interessante, nel caso non fosse stato noto il ruolo di frate Maurizio, viene precisato che è “institutor filiorum D.ni Principis Luciani”.
Nel caso invece, ad esempio, di Helleborus viridis, il ben noto Elleboro verde che vive in boschi collinari freschi, nella Flora (vol. 5, p. 587) si dice: “[Habui] ex Canino in sylva secus il Timone a Rev. Fratre Mauritio de Brixia” mentre nell’etichetta troviamo: “Elleboro colto nella macchia lungo il Timone. 28 giugno 1824. Ex Canino. Misit Domina Princeps uxor Domini Luciani De Bonaparte 1824.” Un caso simile è quello di Polycarpon tetraphyllum, per il quale nella Flora (vol. 1, p. 834) si dice “[Habui …ex agro Viterbiensi] a Rev. Fratre Mauritio de Brixia”, mentre nell’etichetta è scritto: “Ex Canino. Misit D.na Princeps uxor d.ni Luciani da Bonaparte 1824”.
In entrambi i casi, nella Flora viene modificato l’autore del rinvenimento, attribuito a frate Maurizio invece che ad Alexandrine. Si tratta molto probabilmente di sviste, facilitate dal fatto che entrambi i casi portano la data del 1824; è ipotizzabile che gli invii in questione avvennero con un’unica spedizione postale.16 Su invii dello stesso anno infatti sono state registrate anche altre imprecisioni dello stesso tipo, in relazione ai campioni di Echium plantagineum (vol. 2, p. 344), Tordylium apulum (vol. 3, p. 445), Silene hispida (vol. 4, p. 574), Orchis undulatifolia (vol. 9, p. 537), Orchis laxiflora (vol. 9, p. 549), Himantoglossum hircinum (vol. 9, p. 568), Carex divulsa (vol. 10, p. 59).17

Considerazioni sui campioni inviati da padre Maurizio

Altro argomento sul quale ci siamo interrogati è questo: è possibile individuare dei criteri in base ai quali le piante inviate a Bertoloni sono state scelte? A prima vista non risulta evidente alcun criterio; anzi la lista può apparire del tutto casuale. Tuttavia la quantità notevole di campioni inviati può suscitare l’interrogativo.
Ma per rispondere a questa domanda e quindi per individuare o meno un senso al lavoro svolto da padre Maurizio in questo campo, abbiamo messo in relazione due dati fondamentali in nostro possesso: l’elenco delle piante inviate a Bertoloni e il ruolo che padre Maurizio giocava nella famiglia di Luciano Bonaparte, cioè quello di “institutor filiorum D.ni Principis Luciani”. Analizzando con attenzione le specie inviate a Bertoloni è emerso che queste coprono un ventaglio molto ampio dal punto di vista della loro collocazione sistematica. Infatti, sono rappresentate praticamente tutte le “classi” e gli “ordini” linneani, in relazione alla flora presente nei luoghi indagati, sia quelli nei quali la famiglia di Luciano Bonaparte viveva o si trovava a “villeggiare”, sia altri luoghi visitati da padre Maurizio. L’ipotesi che permette di individuare i criteri di scelta è quella di un “progetto didattico”, basato sulle caratteristiche locali della flora e improntato a un forte spirito pratico. Si tratta, in altri termini, di un vero e proprio catalogo delle principali categorie sistematiche; un catalogo raccolto e organizzato in modo da trasmettere efficacemente agli allievi le nozioni per individuare la collocazione sistematica delle piante incontrate.18
Sicuramente, nel corso delle lezioni, che quasi certamente erano lezioni itineranti, padre Maurizio illustrava anche le utilità delle specie incontrate: gli usi agronomici, terapeutici, alimentari.
Anche il numero delle specie rappresentate per ciascuna categoria sistematica rivela una proporzionalità rispetto al totale di specie; in altri termini, le categorie più ricche sono anche quelle con maggior numero di specie presenti nei campioni.
Tra le piante inviate si trovano quindi molte Asteraceae,19 famiglia ricchissima di specie; numerose Fabaceae, che è anche famiglia molto importante dal punto di vista agronomico; e poi Poaceae, Brassicaceae, Lamiaceae, Ranunculaceae, Apiaceae, ciascuna delle quali ricca di piante notevoli dal punto di vista pratico, utili o da evitare in quanto tossiche.
Con questo collegamento è risultato evidente che, dietro all’apparente casualità, può essere individuato un progetto di utilizzo didattico delle raccolte, commisurato all’esigenza di insegnare con esempi pratici il sistema di classificazione dei vegetali ideato da Linneo.20
Grazie alle raccolte di padre Maurizio quindi i nobili eredi di Luciano, ma anche la sua amatissima Alexandrine, potevano apprendere i caratteri distintivi dei diversi gruppi sistematici, le località nelle quali le diverse specie si trovavano, quali di conseguenza erano le loro preferenze ambientali; apprendevano inoltre le regole concrete per raccogliere ed essiccare le piante per preparare campioni d’erbario ben fatti e con i dati essenziali scritti nelle etichette.
Nel suo ruolo di istitutore, padre Maurizio ha trasmesso la scienza, al meglio delle conoscenze del tempo; ma ha anche saputo suscitare la curiosità e la passione, che sono il più autentico stimolo per la conoscenza.
Non bisogna infatti dimenticare che Carlo Luciano, figlio primogenito di Luciano, fu dapprima interessato alla botanica soprattutto nei suoi aspetti agronomici; divenne poi zoologo e autore di importanti opere.
L’insegnamento di padre Maurizio ha evidentemente contribuito a formare questo naturalista che nella seconda metà del secolo XIX ha svolto un ruolo non secondario nell’ambiente scientifico italiano e internazionale.21
Merita inoltre qualche considerazione l’esame degli ambienti di vita delle specie inviate da padre Maurizio. Come è noto, ogni specie vegetale presenta una più o meno spiccata preferenza per un certo tipo di ambiente; di ciò erano ben consapevoli ad esempio i primi cercatori di piante che utilizzavano questa conoscenza per cercare quelle utili per la salute o l’alimentazione.
L’utilizzo delle specie vegetali come “indicatori ambientali” è piuttosto recente e non sarebbe corretto attribuire a padre Maurizio l’intenzione di rappresentare anche la diversità ecologica dei territori oggetto delle sue raccolte. È possibile tuttavia grazie all’analisi delle preferenze ambientali delle piante inviate, dedurre le caratteristiche ambientali dei territori da cui provengono le raccolte. Nella stragrande maggioranza si tratta di specie di ambienti del tutto o per gran parte determinate dalle attività umane.
Possiamo quindi immaginare – con un pizzico di fantasia – padre Maurizio cercar piante nei cortili della villa, nelle aie, lungo le strade dell’azienda agricola e nei campi circostanti; spesso accompagnato dai figli di Luciano, dalla loro madre o più di rado da Luciano stesso.
Ecco quindi comparire negli invii Polycarpon tetraphyllum (questo raccolto da Alexandrine), Chelidonium majus, Arenaria serpyllifolia, entrambe le Anagallidi (Anagallis arvensis e A. caerulea) e Viola tricolor; tutte piante a ciclo annuale e più o meno strettamente ruderali; di questo gruppo di piante degli ambienti umanizzati compaiono anche diverse specie commensali delle colture di cereali come Silene gallica, Adonis aestivalis e Nigella damascena, oltre alle già citate Anagallidi.
Una categoria ambientale molto rappresentata è quella dei prati, un insieme di ambienti molto diversificato e le piante raccolte ne forniscono un campionario piuttosto completo, con piante di prati più o meno aridi; si possono citare almeno tre specie di prati aperti e su suoli poveri, sabbiosi: Eryngium campestre, perenne, Aegilops neglecta e Tuberaria guttata, annuali. La flora dei prati non aridi è rappresentata da Asteriscus aquaticus (che, nonostante il nome vive anche in condizioni non umide);22 Orchis laxiflora è infine una delle poche specie tipiche ed esclusive di prati umidi.23
Sono pochissime le piante di ambienti forestali o dei loro margini, pur essendo questi ambienti piuttosto ben rappresentati nei dintorni di Canino; tra queste compare il già citato Elleboro, raccolto a Canino; le altre piante di questi ambienti, come Cyclamen hederifolium, Teucrium chamaedrys e Asparagus acutifolius sono invece stati raccolti a Sant’Elpidio.
Una sola specie risulta legata alle acque correnti; si tratta di Sium nodiflorum. È possibile dedurre che si tratti di un ambiente poco presente, oltre che poco esplorato.
Infine, due specie sono state raccolte in ambienti di litorale: Lagurus ovatus, di dune sabbiose, raccolto a Sant’Elpidio (in questo caso realisticamente si tratta della località litoranea) e Gnaphalium (oggi Helichrysum) stoechas, di dune sabbiose consolidate, che risulta raccolto da Alexandrine “ex districtu Viterbiensi in litore della Fiora prope Canino”.

Conclusioni

Nonostante padre Maurizio non fosse un botanico professionista, i documenti qui presentati dimostrano che conosceva la flora e ne padroneggiava i metodi di studio in uso all’epoca. La raccolta di campioni, la loro corretta preparazione e infine l’invio a un botanico come Bertoloni ne sono la migliore testimonianza.
La sua figura risulta dalla Flora Italica di Antonio Bertoloni; in quest’opera appaiono infatti registrati i dati inviati da lui e da altri collaboratori; gli invii di cui è accreditato padre Maurizio sono da mettere in relazione con quelli dei vari componenti della famiglia di Luciano Bonaparte e con la sua attività di istitutore.
L’esame dei dati presentati nella Flora Italica e dei corrispondenti campioni conservati nell’Erbario dell’Orto Botanico dell’Università di Bologna permette di ipotizzare che le raccolte, provenienti da Canino nel Viterbese e da località marchigiane, fossero pensate a fini didattici, cioè come supporto per l’insegnamento ai figli di Luciano della sistematica vegetale linneana, oltreché per far conoscere le piante interessanti per motivi pratici.
Il confronto tra la trattazione nella Flora e i campioni nella raccolta Bertoloni ha costituto una fase decisiva del lavoro qui presentato. Oltre a una corrispondenza quasi totale, è stato possibile anche individuare alcune marginali differenze.
Infine, grazie all’esame delle preferenze ambientali delle piante oggetto della raccolta, risulta la prevalenza di specie di ambiente ruderale, agrario e di prati, mentre risultano meno rappresentati ambienti meno antropizzati come quelli forestali o umidi.

Cos’è un erbario? Quali sono le sue funzioni?

Un erbario è una collezione di piante pressate, seccate, successivamente montate su fogli di carta e provviste di un cartellino su cui sono trascritte informazioni dettagliate sulla pianta e sul luogo in cui è stata raccolta.
Si chiama Erbario anche l’istituzione che riunisce, in uno spazio relativamente ridotto, un gran numero di piante, provenienti da località anche assai distanti tra loro (l’Erbario dell’Università di Bologna, ad esempio, comprende più di 130.000 campioni, provenienti praticamente da tutto il mondo e rappresentanti tutto il regno vegetale, dalle alghe alle piante con fiore) permettendo in tal modo agli studiosi di compiere ricerche altrimenti assai difficoltose e dispendiose.
Qualsiasi ricerca di sistematica, di fitogeografia, di genetica vegetale ecc. richiede l’utilizzo di materiale d’erbario; per esempio, volendo identificare un campione raccolto, il confronto con quelli già identificati conservati in un Erbario si rivela sempre utilissimo; oppure, dovendo studiare la distribuzione di una determinata specie, la sua variabilità e così via, l’aiuto di un grande erbario, che conserva campioni numerosi e di località diverse è fondamentale; nel caso di collezioni storiche è inoltre possibile paragonare la distribuzione nei secoli scorsi con quella attuale.
Contrariamente a quanto si può credere, infatti, le piante conservate in erbario possono fornire pressoché le stesse informazioni morfologiche e anatomiche di quelle vive, e ciò è vero anche per le indagini chimiche; né si può ignorare l’importanza che il materiale d’Erbario ha per la preparazione di Flore o monografie su un gruppo di piante, o anche per l’insegnamento della Botanica. Infine negli erbari vengono conservate piante di elevato valore scientifico, come ad esempio i “campioni Tipo”, su cui si basa il nome di un taxon (di una specie, di una sottospecie o di un’altra entità sistematica).
Oggi esistono in tutto il mondo più di 3400 Erbari, nei quali sono conservati svariati milioni di esemplari: fra i tanti bisogna ricordare almeno il grande Erbario dei Royal Botanic Gardens di Kew, che contiene 7.000.000 piante, l’Erbario del Museum National d’Histoire Naturelle di Parigi, che ne contiene 8.000.000, e l’Erbario del Museo di Storia Naturale di Firenze, ricco di 5.000.000 campioni.


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- Sito Internet: www.padremauriziodabrescia.it

Note:

1.   Conservatrice dell’Erbario dell’Università di Bologna dal 2002. Le sue ricerche sono dedicate in particolare allo studio delle collezioni storiche presenti nell’Erbario bolognese. Ha pubblicato lavori riguardanti la storia della botanica su riviste italiane e internazionali e ha partecipato a numerosi convegni specialistici.
2.   Ricercatore presso l’Istituto Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna, indaga da diversi decenni la flora italiana, attraverso l’esplorazione territoriale e la raccolta di dati attuali e storici. Su questi argomenti ha pubblicato numerosi lavori in diverse sedi.
3.   L’area italiana così come presa in esame nell’opera, comprende anche territori limitrofi come la Corsica, il Nizzardo, il Cenisio, il Ticino, l’Arcipelago Maltese. I confini nord-orientali sono molto diversi dagli attuali, includendo l’Istria e tutta la Valle dell’Isonzo.
4.   In realtà si tratta di un binomio, secondo la regola fissata da Linneo. Il primo nome (un sostantivo) individua il genere, il secondo (di norma un aggettivo o un sostantivo aggettivato) la specie.
5.   Pure importante risulta il confronto tra le conoscenze del tempo e la situazione attuale. Diviene così possibile individuare specie la cui presenza non era nota e specie nel frattempo scomparse o molto rarefatte. Le fonti storiche giocano infatti un ruolo decisivo per misurare i cambiamenti qualitativi e quantitativi del patrimonio naturale di un territorio.
6.   A titolo d’esempio si riporta la trattazione di Lycopus exaltatus, specie di ambienti umidi, la cui presenza viene documentata per l’Italia settentrionale (compresa la pianura bresciana) e nel Lazio: “Legi Bononiae in aggere Rheni ad paludes di Gandazollo, item observavi in agro Ravennati in fossis, quae sunt inter oppidum, et pinetum Monaldini. Habui ex Bagnacavallo a Bubanio, ex marginibus agrorum provinciae Veronensis, et Brixiensis a Pollinio, ex agro Mantuano a Quergentole prope Padum a Barbierio, ex Pedemontio prope S. Mauro a Molinerio, et ex Alba Pompeja a Prof. Balbisio, ex paludibus Pontinis a Fiorinia-Mazzantia.”
7.   Ciò fu fonte di critiche; ad esempio Tenore (citato in Parlatore), napoletano e uno dei maggiori botanici italiani affermò che l’opera di Bertoloni era costituita dal catalogo del suo erbario e non dal catalogo delle specie effettivamente note in Italia al tempo.
8.   Può essere utile rammentare che questo modo di operare ha portato alla costituzione di numerose collezioni erbariologiche, conservate in diverse sedi sia di ambito accademico che presso Musei di storia naturale, ciascuna è relativa a una Flora pubblicata e di cui costituisce documentazione obiettiva.
9.   Ognuno è stato individuato con un cognome e nome; se possibile sono state rintracciate anche le date di nascita e di morte e le opere maggiori.
10.  Un esempio che appartiene a entrambe le categorie è quello di un certo Marzialetti, che inviò piante dalle Marche (in particolare da Montefortino) e di cui per ora non si conosce altro che il cognome.
11.  A Pietro Bubani, unico tra gli allievi di Bertoloni a proseguire negli studi botanici, è stata dedicata una raccolta di saggi, riunita nel volume coordinato da Stefano Pezzoli e altri (Pezzoli et al., 2006).
12.  Lo stesso invio costituisce eccezione anche perché è l’unico proveniente da una località del tutto diversa da quelle da cui proviene il resto degli invii. Si tratta di un campione della var.k di Rumex pseudo-acetosa e proviene “ex alpibus Rhaeticis ad fines nivis perpetuae”. La scoperta si deve a Roberto Lanzi, che ne ha trovato traccia nella Flora del Tirolo Meridionale di Francesco Ambrosi dove, alle pp. 204-205, trattando di Rumex acetosa var.y nivalis (oggi R. nivalis) si dice: “trovasi … sulle Alpi Retiche al limite inferiore delle nevi eterne, come riferisce il ch. Cav. Bertoloni … dietro esemplari ottenuti dal Reverendissimo Padre Maurizio da Brescia”.
13.  Uno dei possibili utilizzi del database è che, essendo questo relativo a tutta la Flora, permette anche di quantificare con una notevole precisione l’ammontare della consistenza originaria dell’Erbario e quindi anche delle perdite che ha subito.
14.  Con una sola eccezione, Digitaria sanguinalis (vol. 1 p. 414), da Canino.
15.  Il toponimo Sant’Elpidio a sua volta dà origine ad almeno due ipotesi; può trattarsi infatti di Sant’Elpidio a Mare che, nonostante il nome, si trova nelle prime colline, oppure che sia l’attuale Porto Sant’Elpidio; la prima ipotesi sembra la più probabile, vista la presenza in quella cittadina di un convento francescano.
16.  Nulla è noto del modo di lavorare di Bertoloni, ma non può essere escluso che egli si avvalesse della collaborazione di assistenti o scrivani e che in parte le imprecisioni possano derivare anche da ciò.
17.  Non è stata per ora aggiornata la nomenclatura; le denominazioni delle piante sono quindi quelle che appaiono nelle etichette dei campioni e nella Flora.
18.  Rafforza questa ipotesi il fatto che tra le opere a stampa riferibili a Padre Maurizio sono state rinvenute da Roberto Lanzi le Institutiones Botanicae di Vincenzo Petagna (Petagna, 1785-1787), al tempo uno dei pochi manuali di botanica reperibili nell'area italiana. Nei cinque tomi che costituiscono l'opera, il primo è un trattato di Philosophia Botanica, cioè di organografia e di criteri e metodi di sistematica vegetale generale, mentre gli altri quattro trattano la sistematica linneana, elencando le classi, gli ordini e i relativi generi. È molto probabile che questo testo costituisse la traccia per le lezioni di botanica di Padre Maurizio ai suoi allievi.
19.  Usiamo qui le denominazioni attuali della Famiglie botaniche, essendo del tutto superfluo e fuorviante riferirsi alle collocazioni sistematiche originali.
20.  A ulteriore dimostrazione della bontà di questa ipotesi, mancano esempi della classe “Monandria”, formata da specie che o non sono presenti a Canino o nelle colline marchigiane, oppure sono di assai difficile reperimento trattandosi di specie di ambienti acquatici. L’ordine “Polyandria” della Classe “Polyadelphia”, seppur rappresentato nella flora italiana dal solo Genere Hypericum, è tuttavia presente negli invii di Padre Maurizio con Hypericum androsaemum, come rappresentante di un gruppo sistematico ampiamente presente nelle tenute di Canino, se non altro almeno con il ben noto e diffusissimo Hypericum perforatum. Il criterio ipotizzato mantiene la sua validità anche esaminando famiglie botaniche di scarsa consistenza numerica nella flora italiana e in particolare nelle località di cui il Nostro si è occupato; sono infatti rappresentati esempi di Campanulaceae, Linaceae, Plantaginaceae, ecc.
21.  La tradizione dei naturalisti tra i discendenti di Luciano trova in Roland (1858-1924) uno dei suoi esponenti di maggior valore e in qualche modo può essere collegata agli insegnamenti botanici di Padre Maurizio, seppur indirettamente. Roland (che è nipote di Luciano in quanto figlio di Pierre-Napoléon, settimo figlio di Luciano e di Alexandrine) è infatti l’artefice di una delle maggiori raccolte erbariologiche private di tutti i tempi, costituita da oltre 2 milioni e mezzo di campioni per oltre centomila specie diverse, provenienti da tutto il mondo. Questa raccolta è oggi conservata all’Erbario dell’Università di Lione 1 che, grazie al contributo di questo fondo, costituisce il secondo erbario francese per consistenza delle collezioni.
22.  Merita in proposito di essere citato anche Thalictrum flavum, specie di margini di ambienti umidi, che nella sua var.B venne raccolto a Riminino, località poco distante da Canino; per questo campione nella Flora si dice “ex Canino in pratis di Riminino ab Ill. Principe de Canino”, ma nell’etichetta si legge “Presso Canino, nei prati di Riminino, colto da aprile dal sig. Principe di Musignano. La panicula è multiplice, eretta. Caule tre-pedale. Misit Mauri. 1828.” Il campione quindi fu raccolto da Carlo Luciano, ma è pervenuto a Bertoloni tramite Mauri, il grande botanico romano. Non è possibile in questa sede sviluppare il tema dei rapporti tra “Casa Luciano Bonaparte” e altri botanici o naturalisti. Nello specifico caso tuttavia risulta evidente che Carlo Luciano, già al tempo promettente naturalista, inviasse campioni anche ad altri botanici. Nello specifico si tratta di Ernesto Mauri (1791-1836), noto soprattutto per essere coautore, insieme a Francesco Antonio Sebastiani del Florae Romanae Prodromus (1816). Entrambi (ma soprattutto il più giovane Mauri) peraltro erano in rapporto col Bertoloni e gli inviarono piante.
23.  Il rinvenimento viene attribuito a Padre Maurizio nella Flora, ma nell’etichetta del campione risulta “Misit D.na Princeps uxor D.ni Luciani de Bonaparte”.
maggio 2016
master.